L’evento dell’estate: NUGUINEA LIVE BAND
I NU GUINEA hanno saputo incrociare sonorità da dancefloor a contaminazioni multiculturali fino a ottenere un risultato unico, di una “bellezza pura” fatta di coraggio e valorizzazione delle proprie radici. Con Nuova Napoli, i Nu Guinea hanno definito senza dubbio la rinascita del Neapolitan Power, riconnettendosi alla tradizione partenopea degli anni ’70 e ’80: chitarre funky, tastiere spaziali e percussioni afro beat sono gli ingredienti di un mix magnetico e pregno di groove. Un omaggio all’età dell’oro della musica napoletana che si tiene a debita distanza da toni retromaniaci, grazie a una produzione contemporanea e dal sapore internazionale I Nu Guinea sono entrati di diritti nel ristretto club delle migliori band italiane dal vivo, non ci sono dubbi, e una di quelle che meglio, oggi, incarna il potere della musica, grazie al loro impasto pressoché unico di tradizione canora partenopea mischiata con l’afro-beat, funk e jazz.
Tutte queste influenze, questi rimandi e questi echi identitari, si riservano nella musica dei Nu Guinea in un modo che, almeno al giorno d’oggi in Italia e nel mondo (oltre che a Napoli e dintorni), non fa pressoché nessuno.
Sul palco con ben otto elementi, i napoletani hanno realizzato uno show con tutti i crismi del grande evento musicale, coinvolgendo il pubblico a muovere a ritmo i piedi, a battere le mani a tempo ed a far battere all’unisono i propri cuori. Non si è trattato infatti di un mero sfoggio di tecnica, in quell’ansia quasi solipsistica che ogni tanto piglia le band “che suonano bene e che sanno bene di farlo” in cui si assiste a musicisti che suonano solo per sé e non, anche, per gli altri, ma di un vero e proprio rito collettivo, una messa laica in onore dell’unica vera dea del nostro spirito: Nostra Signora Partenope, protettrice del groove, regina dell’afro-beat e salvatrice del funk alla napoletana. Basandosi su gran parte dei pezzi contenuti in “Nuova Napoli”, i Nu Guinea hanno perciò riproposto i loro brani più famosi, allungandone e modificandone l’arrangiamento però. Infatti, forti dei già citati otto elementi sul palco, il gruppo si è potuto lasciare andare a derive psichedeliche, momenti più funky e ballabili e altri addirittura di musica elettronica pura, riuscendo sempre a trovare una loro chiave interpretativa unica. Chiave che è stata ben sposata da Fabiana Marton, cantante e imperatrice della scena, la quale non solo a dominato il palco con il suo iconico stile, ma ha saputo esibire in tutta forza e autorevolezza le sue doti canore. Con incredibili picchi di voce, Martone ha convinto tutti e ha trascinato sul palco la band con mosse e piccole coreografie degne di un concerto degli Earth, Wind & Fire. Già, proprio così, il livello era da Walhalla del funk.L’afro-beat dei Nu Guinea ha trovato poi il suo naturale palcoscenico nel Circolo Magnolia e ascoltare dal vivo in quel contesto pezzoni come “Je vulesse” (il cui testo è un estratto della poesia “Je vulesse truvà pace” di Eduardo De Filippo) o “Ddoje facce” è stata un’esperienza metafisica, oltre che poetica Ecco quindi spiegato il perché, ad un certo punto del concerto, è affiorato in noi il ricordo di una mitologica battuta-chiave di un certo cinema italiano, ovvero la celebre “Professo’, permettete un pensiero poetico per l’occasione?”: oltre ad essere perfettamente in tema, poco dopo, per ammissione della band, il concerto stesso di ieri sera era dedicato alla memoria di Luciano De Crescenzo, venuta a mancare proprio quel giorno e simbolo assoluto della napoletanità nel mondo. Partenopea in modo scanzonato e leggero, ricordando gli antichi usi e costumi della Napoli di ieri, proiettandoli però con i suoni, i ritmi e le contaminazioni del presente e lanciando una scommessa, o forse una preghiera, al futuro. Non è un caso insomma se Liberato abbia scelto i Nu Guinea per aprire il proprio show nella sua città natale.